I mass-media potranno fare a meno del Metaverso?
“Non è esagerato affermare che il futuro della società moderna e la stabilità della sua vita interiore dipendono in gran parte dal mantenimento di un equilibrio tra la forza delle tecniche di comunicazione e la capacità di reazione dell'individuo”: la fotografia di Papa Pio XII, a ridosso della metà del Novecento, descrive e anticipa pienamente gli scenari socio-mediatici contemporanei; un concetto visionario che illustra come il perfetto bilanciamento tra innovazione tecno-comunicativa e mente umana possa portare innumerevoli benefici al nostro io nonché alla routine quotidiana, sotto ogni singolo punto di vista.
Del resto, chi racconta la quotidianità fa parte in un certo qual modo della nostra vita: di conseguenza, se i nostri usi, consumi e interessi mutano nel tempo, i mass-media – protagonisti indiscussi di quest’epoca – dovranno man mano adeguarsi, in modo da non generare una caotica asimmetria di responsabilità e valori. Esattamente come avvenuto per i social media, anche l’approccio nei confronti del Metaverso non è stato dei migliori: dall’iniziale titubanza, assolutamente lecita nel momento in cui si entra in contatto con un tipo di tecnologia completamente inedita per determinati settori, si è passati in maniera graduale ad un “tentativo di ibridazione”; in buona sostanza si assiste, silenziosamente, ad una replica in salsa moderna di quel processo di aggregazione e cooperazione che coinvolse radio, giornali e TV prima e player dell’etere, web e social media poi.
Il terzo capitolo di quest’attesissima evoluzione può rappresentare, per il mondo dell’informazione in primis, un’occasione unica da cogliere al volo. Il giornalismo, universo che con ogni probabilità più di tutti negli anni ha immagazzinato ed applicato una serie di rivoluzioni al suo interno, ha l’opportunità di sbarcare in una dimensione alternativa (non sostitutiva), riformulando tecniche tradizionali e flussi di comunicazione e, al tempo stesso, attraendo potenziali nuovi lettori-utenti.
Analizzando le peculiarità di questo potenziale connubio, il quale sembra avere tutte le carte in regola per rientrare nel ventaglio degli esperimenti riusciti, appare evidente come possano germogliare svariate tecniche informative che andranno a completare il pacchetto di metodologie standard e a consolidare l’offerta strutturata di servizi giornalistici. Si pensi a come potrà cambiare lo svolgimento di una semplice intervista: anziché ritrovarsi dal vivo, a tu per tu, con l’interlocutore, si avrà la possibilità di interagire a distanza all’interno di un ambiente virtuale, tramite un visore; gli avatar incarneranno i soggetti coinvolti attraverso una personalizzazione delle caratteristiche fisiche, talvolta relazionandosi tra loro e/o con oggetti 3D appositamente collocati nello spazio circostante.
Un test straordinario, importato dall’estero, e che vede nel Corriere della Sera una sorta di quotidiano-pioniere: esattamente un anno fa, in occasione della festa per il lancio del nuovo portale Corriere LOGIN – intitolata Storie nel digitale – il giornale di via Solferino ha intervistato, in una VRO, tre personaggi di grande popolarità e spessore – il ballerino Roberto Bolle, la schermitrice Bebe Vio e il presidente dell’FC Inter, Steven Zhang – suscitando in loro una sensazione di grande stupore e curiosità.
Un tipo di tecnologia inclusiva e al tempo stesso immersiva, capace di generare un processo di totale coinvolgimento: la nuova frontiera dell’informazione, di fatto, si identifica nel Metagiornale, ovverosia l’edizione/evoluzione virtuale del classico tg. Le figure dell’anchorman e dell’anchorwoman si apprestano a rivoluzionare ed essere rivoluzionate, divenendo ancor più autonome e multitasking e, nel contempo, attuando un filo diretto con il metaspettatore, col quale sarà possibile instaurare un rapporto ancor più aperto, dinamico, esplicito ed immediato, liquidando ogni ostacolo o barriera frapposta, automaticamente, dai media tradizionali.
Una riforma sistemica che tocca sia la sfera professionale, sia quella dell’engagement: la compartecipazione tra Metaverso e giornalismo, infatti, teletrasporta l’internauta in un mondo inedito e affascinante ai suoi occhi, quello della redazione; la possibilità di far entrare appassionati e fedelissimi del brand tra gli archivi e le scrivanie virtuali di una testata giornalistica è, di per sé, l’emblema della METAmorfosi: scoprire segreti, storia, retroscena e modus operandi di un gruppo editoriale e, nello specifico, di un team settoriale – magari, per l’occasione, nelle vesti di un Cicerone – rappresenta un qualcosa di profondamente esaltante oltre che chiaramente innovativo. La stessa narrazione è ipoteticamente applicabile alla collaborazione in pectore tra informazione e NFT, un binomio atto a rinnovare le business strategies aziendali, nella fattispecie la revisione (e trasformazione) del concetto di abbonamento e/o di fidelizzazione attraverso l’utilizzo di token – garanzia di trasparenza, unicità, proprietà e originalità – in riferimento ad oggetti 3D considerati cimeli nonché invidiabili pezzi da collezione.
In buona sostanza, la “fusione” tra il cosmo mass-mediattico e il Web3, le cui caratteristiche sono identificabili nel realismo, nella sincronia, nell’accessibilità, nell’immersività, nell’interattività e dunque ideali per il comparto informazione, rappresenta una delle principali opportunità per trasformare il business e la brand identity di una realtà editoriale: una scelta coraggiosa quanto intraprendente.
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